Hard Disk

Gli hard disk, o dischi rigidi, sono componenti fondamentali all’interno di ogni computer, tablet, cellulare e qualsiasi dispositivo elettronico.

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Vengono comunemente identificati come hard disk drive, o con le sigle abbreviate HDD o HD (alcune volte indicati erroneamente come hard disc). Sono dei dispositivi per l’archiviazione di massa che funzionano con dei dischi magnetizzati in grado di archiviare i dati che vengono messi al loro interno. Senza hard disk difficilmente un computer potrebbe funzionare correttamente e mantenere i dati che ogni giorno salviamo al suo interno. Sono stati finora utilizzata su tutti i computer e dispositivi portatili, ma negli ultimi anni si è vista una crescente diffusione di hard disk di nuova generazione, più veloci e preformanti degli Hard disk Sata, e di questi dischi (gli SSD) cui parleremo più avanti.

Gli hard disk, oggi, hanno raggiunto capacità altissime e velocità impensabili solo 5 anni fa, c’era una continua corsa a migliorare processori, ram e frequenze in generale e l’HD rimaneva sempre un pò il collo di bottiglia.

La funzione degli hard disk (a volte anche chiamato hard hd ) è proprio quella di conservare i dati, file, programmi e quant’altro, sono dei dispositivi per l’archiviazione indispensabili e molto importanti. Più sono capienti e più è possibile accumulare file all’interno.

 Esistono sostanzialmente due tipi di hard disk, quelli interni e quelli esterni.

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Il disco rigido solitamente nei computer fissi è interno, e serve a contenere il sistema operativo, i programmi e tutti gli altri files che di volta in volta vengono caricati o salvati.

Nei computer fissi gli hard disk hanno dimensioni di 3,5 pollici, mentre per l’hard disk portatile  è necessario, per via delle dimensioni contenute, installare hard disk di dimensioni inferiori, solitamente di 2,5 pollici.

A volte però gli hard disk interni potrebbero danneggiarsi, con il rischio di perdere dati preziosi, per questo è importante prendere in considerazione l’utilizzo di unità esterne per archiviare i propri documenti e tutto ciò che riteniamo importante.

 

Gli hard disk esterni, come anticipato poco fa, servono proprio per archiviare in maniera sicura i propri dati, e il più delle volte la loro capienza ci permette di salvare tutto ciò che è contenuto all’interno del computer. In pratica è come se fossero una memoria esterna per pc, e sono davvero fondamentali per effettuare il backup in maniera sicura.

In questa maniera possiamo avere copie pronte all’uso e in sicurezza dei nostri dati più importanti, nel caso il computer subisca qualche danno.

Gli hard disk esterni non sono altro che normali hard disk HDD o SSD, delle dimensioni di 2,5 pollici, che possono essere trasportati con facilità, e collegati all’occorrenza al portatile tramite cavetto USB.

Questi hard disk esterni vengono sostanzialmente usati in due modi o come memoria esterna pc oppure come back up di riserva.

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Gli hard disk esterni sono fondamentali per i computer desktop ma lo sono ancora di più per i notebook. Un hard disk per portatile può davvero salvarci la vita se il portatile si rompesse oppure se venisse perso il Pc. Spesso la portabilità dei notebook è utilissima ma il fatto di portarli in giro li espone e più rischi rispetto ad un pc desktop che è fermo a casa o in ufficio ecco perché un back up con hard disk per notebook ci può aiutare moltissimo.

Solitamente sono contenuti all’interno di un involucro che può essere di plastica o di alluminio. Quest’ultimo materiale è il più adatto per proteggere l’hard disk, in quanto consente di dissipare il calore in maniera più efficace.

Gli hard disk esterni hanno, alla stregua di quelli interni, capacità di archiviazione differenti che vanno da un range di 500 Gb a 3-4 Tera di memoria.

Possono essere del tipo HDD o SSD, i primi indubbiamente più economici dei secondi e con prestazioni meno elevate.

 Gli hard disk SSD sono dei nuovi dispositivi di archiviazione, che fanno uso di memorie flash al posto dei dischi magnetici utilizzati finora.

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Gli Hard disk SSD o Solid State Disk, non sono un’evoluzione dei classici hard disk, bensì un’alternativa per l’archiviazione dei dati.

La differenza sostanziale tra le due tipologie di dischi sta nel fatto che mentre gli HDD sono pensati per avere una grande capacità di archiviazione, quindi molti GB o Terabyte a disposizione, gli SDD sono concepiti per essere più sicuri, veloci e migliorare le prestazioni della macchina su cui sono montanti.

Difatti non a caso quando si sostituisce un HDD con un SSD i computer girano molto più velocemente, caricando i dati in un batter d’occhio, anche quando il disco si riempie. A differenza dei normali HD che rallentano quando diventano sovraccarichi di dati.

Un’altra differenza sostanziale con gli HDD sta nella tipologia di struttura: mentre gli HDD hanno piatti di rotazione e testine per poter funzionare, gli SSD sono privi di parti meccaniche, e grazie a questo vantaggio risulta anche più difficile il loro danneggiamento.

L’unico inconveniente degli SSD è il loro ciclo di vita, che solitamente è di 5-6 anni, anche se gli ultimi modelli hanno aumentato di molto la loro vita media.

Oggi gli hard disk notebook hanno iniziato a montare gli SSD come disco primario, alcuni addirittura hanno hd interno secondario in Sata per immagazzinare i dati

 Nella categoria degli SSD, rientrano anche gli Hard disk Sata M.2 che rappresentano l’ultimissima evoluzione in termini di tecnologia e sono molto piccoli e sono adattissimi per i portatili in quanto si parla di Hard disk più piccoli di una Penna USB.

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Raggiungono velocità assurde e sono un must per chi ha un pc da Gaming, in quanto le prestazioni rendono possibile anche i giochi di ultima generazione con risoluzioni alte. 

L’attacco M.2 sostituisce gli mSATA che prima avevano un posto predominante sui notebook.

Come dicevamo il punto di forza di questi Hard disk è la velocità, per fare un piccolo confronto la velocità di trasferimento di un SATA non supera 770MB/s più o meno. Per capire la velocità di questi Hard disk M.2 hanno una velocità di velocità di lettura/scrittura di 3500MB/s i più performanti mentre la fascia media arriva tranquillamente a 1500MB/s che è comunque il doppio di un SSD SATA.

L’installazione di un hard disk M2 è molto semplice, l’attacco è molto veloce e sulle schede madri con la predisposizione è molto ben visibile, le schede madri Asus più performanti hanno anche la possibilità di mettere un piccolo dissipatore sopra l’hard disk.

 

Esiste poi un’altra tipologia di archiviazione chiamata NAS.

Questo è un particolare tipo di dispositivo di archiviazione che permette di memorizzare e condividere i dati attraverso la rete, (alcuni modelli tramite wi-fi), con computer, smartphone e altri apparecchi ad esso connessi.

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NAS è l’acronimo di Network Attached Storage, cioè un sistema di archiviazione collegato alla rete. Il NAS viene collegato ad un router e tramite esso viene creata una rete condivisa con gli altri dispositivi, questi possono quindi accedere alle varie unità di archiviazione in esso contenute.

Gli hard disk per NAS sono diversi rispetto agli hard disk tradizionali, in quanto prediligono la durata della loro funzione, a discapito della velocità. Per intenderci il NAS diventa una sorta di Server o Cloud privato.

Il NAS può essere considerato come un vero e proprio computer che funziona tramite alimentazione elettrica, e possiede un sistema operativo per le varie funzioni, solitamente basato su tecnologia Linux.

Ogni NAS storage è dotato oltre che dell’alimentatore, anche di una CPU, una RAM, i moduli di rete per la connessione internet tramite cavo o Wi-Fi, la memoria per il sistema operativo e diversi slot per l’alloggiamento dei vari hard disk. Le versioni più economiche solitamente dispongono di due alloggiamenti, ma è possibile avere soluzioni più costose e complesse con più di mezza dozzina di slot per gli hard disk.

Alcuni NAS possono avere porte USB, piuttosto utili e veloci in alcuni casi.

 

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Nei nostri laboratori operano solamente tecnici specializzati e con anni di esperienza nel campo del recupero dati professionale, al fine di offrire ai nostri clienti il miglior servizio possibile.

 

Alcune caratteristiche importanti:

  • Possibilità di avere un tecnico dedicato al proprio caso
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E’ possibile il totale recupero dati nei seguenti casi:

  • Danno logico (software): in cui il supporto venga ancora riconosciuto dal BIOS del sistema.
  • Danno fisico, sia elettrico che elettronico o meccanico (hardware): in cui il supporto venga o non venga più riconosciuto dal BIOS.

 

Il procedimento del recupero dati in camera bianca si suddivide in due fasi: la fase di diagnosi e la procedura di recupero dati.

Il cliente viene costantemente informato sullo stato del recupero dati.

 

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  • Dischi Magnetici da...

    I due principali formati che determinalo la grandezza dei dischi rigidi sono hard disk da 3,5 (pollici) per i computer fissi e hard disk 2,5 (pollici) usati principalmente per i computer portatili.

    Gli hard disk 2.5″ proprio per l’uso che ne viene fatto nei laptop vengono progettati con lo scopo di consumare meno energia, anche se a volte a discapito delle altre funzionalità.

    Le differenze tra i formati hard disk 2.5" e 3.5" non sono da sottovalutare. I Dischi da 2,5, infatti, tipicamente hanno meno capacità di memoria, minore cache e minore velocità se paragonati con hard disk da 3.5″ con prezzo simile.

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    Ad esempio un hard disk 3.5″ può immagazzinare oltre i 12 TB (terabyte) di dati, avere più di 128 MB di cache e andare da 7200 ad addirittura 10000 giri al minuto. Il problema però è che consuma tipicamente circa 5W che va bene per un pc fisso ma è decisamente troppo per computer portatili a batteria.

    Un grosso hard disk 2.5″ arriva anche a 4 TB e 16 o 32 MB di cache. Il numero di giri al minuto è tipicamente 5400 ma può comunque arrivare a 7200 e il loro consumo è più basso, fino a 2.5 W in alcuni modelli.

    Più la tecnologia va avanti più questi dati  cambiano ma la cosa che rimane immutata è la differenza costante tra le performance di hard disk 2.5″ e 3.5″ della stessa fascia di prezzo. Un hard disk 2.5″ ad alte prestazioni costa molto di più di uno ad alte prestazioni da 3.5″ anche se le sue performance sono equiparabili solo ad uno da 3.5″ di fascia più bassa.

    Un vantaggio degli hard disk 2.5″ è però la resistenza alle vibrazioni rispetto a quelli da 3.5. Alcuni hard disk 2.5″ hanno ad esempio accelerometri interni che rilevano quando stanno per cadere, mettendo al sicuro la testina del disco per ridurre al massimo i danni. Questa caratteristica è rara per gli hard disk da 3.5″ che di solito sono destinati ai computer fissi che nascono per non essere mossi quando lavorano.

    Hard-disk-esterno-e-hard-disk-interno-differenze-confronto.jpg

    Il disco rigido è costituito fondamentalmente da uno o più piatti in rapida rotazione, realizzati in alluminio o vetro, rivestiti di materiale ferromagnetico e da due testine per ogni piatto (una per lato), le quali, durante il funzionamento "volano" alla distanza di poche decine di nanometri dalla superficie del disco leggendo o scrivendo i dati. La testina è tenuta sollevata dall'aria mossa dalla rotazione stessa dei dischi la cui frequenza o velocità di rotazione può superare i 15.000 giri al minuto; attualmente i valori standard di rotazione sono 4.200, 5.400, 5.980, 7.200, 10.000 e 15.000 giri al minuto.

    La memorizzazione o scrittura dell'informazione o dati sulla superficie del supporto ferromagnetico consiste sostanzialmente nel trasferimento di un determinato verso alla magnetizzazione di un certo numero di domini di Weiss. Ad un certo stato (verso) di magnetizzazione è associato un bit di informazione (1 o 0). Il numero di domini di Weiss che costituiscono un singolo bit, moltiplicato per la loro estensione superficiale media, rapportato alla superficie di archiviazione disponibile, fornisce la densità d'informazione (bit al pollice quadro). Quindi stipare una maggiore quantità di dati sullo stesso disco richiede la riduzione del numero di domini che concorrono alla definizione di un singolo bit e/o la riduzione dell'area di un singolo dominio magnetico.

    L'evoluzione continua della tecnologia dei dischi rigidi ci ha portati ormai vicino al limite fisico inferiore tollerabile: quando infatti il numero di domini che definiscono un singolo bit si è avvicinato all'unità e la loro area è dell'ordine di pochi nanometri quadri, l'energia termica del sistema è diventata ormai paragonabile all'energia magnetica ed è sufficiente un tempo brevissimo a far invertire il verso della magnetizzazione del dominio e perdere in questo modo l'informazione contenuta.

    La lettura/scrittura dell'informazione magnetica in passato veniva affidata a testine induttive, avvolgimenti di rame miniaturizzati in grado di rilevare, in fase di lettura e secondo il principio di induzione magnetica, la variazione del flusso del campo magnetico statico al transitare della testina tra un bit ed il successivo di una traccia contenente i bit, oppure in maniera duale imprimere una magnetizzazione sul disco in fase di scrittura.

    L'evoluzione che la spintronica ha portato nelle case di tutti sono state le testine magnetoresistive, basate su un dispositivo, la spin-valve, in grado di variare resistenza al mutare dell'intensità del campo magnetico. Il vantaggio dato da queste testine risiede nella loro sensibilità, migliore rispetto alle vecchie testine induttive, e nella loro dimensione ridottissima, cosa che consente di seguire il passo delle evoluzioni verso il nanometro per quanto riguarda l'area di un singolo bit. Infine, il prossimo futuro vedrà protagoniste della scena le testine di lettura basate sulle magnetic tunneling junction, MTJ.

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    Tipicamente per la memorizzazione di dati digitali il disco rigido necessita dell'operazione preliminare di formattazione logica con scelta del particolare sistema logico di archiviazione dei dati da utilizzare noto come file system, tramite il quale il sistema operativo è in grado di scrivere e recuperare i dati.

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    I dati, a livello fisico, sono generalmente memorizzati su disco seguendo uno schema di allocazione fisica ben definito in base al quale si può raggiungere la zona dove leggere/scrivere i dati sul disco. Uno dei più diffusi è il cosiddetto CHS, sigla del termine inglese Cylinder/Head/Sector (Cilindro/Testina/Settore); in questa struttura i dati sono memorizzati avendo come indirizzo fisico un numero per ciascuna delle seguenti entità fisiche:

    Piatto: un disco rigido si compone di uno o più dischi paralleli, detti "piatti", e ciascun lato dei piatti è identificato da un numero univoco; per ogni piatto sono presenti due testine, una per ognuno dei due lati.

    Testina: su ogni piatto è presente una testina per ogni lato dello stesso, per accedere in scrittura o in lettura ai dati memorizzati; la posizione di tale testina è solidale con tutte le altre sugli altri piatti. In altre parole, se una testina è posizionata sopra una traccia, tutte le testine saranno posizionate nel cilindro a cui la traccia appartiene.

    Traccia (A): ogni piatto si compone di numerosi anelli concentrici numerati, detti tracce, ciascuna identificata da un numero univoco.

    Settore geometrico (B): ogni piatto è suddiviso in "spicchi" radiali uguali ciascuno, identificato da un numero univoco.

    Cluster (D): insieme di settori di tracce contigui.

    Cilindro: l'insieme di tracce alla stessa distanza dal centro presenti su tutti i dischi o piatti è detto cilindro. Corrisponde a tutte le tracce aventi il medesimo numero, ma diverso piatto.

    Blocco: L'insieme di settori posti nella stessa posizione in tutti i piatti.

    Questa struttura introduce una geometria fisica del disco che consta in una serie di "coordinate" CHS, esprimibili indicando cilindro, testina, settore. In questo modo è possibile indirizzare univocamente ciascun blocco di dati presente sul disco. Ad esempio, se un disco rigido si compone di 2 dischi (o equivalentemente 4 piatti), 16384 cilindri (o equivalentemente 16.384 tracce per piatto) e 16 settori, e ciascun settore di una traccia ha una capacità di 4096 byte, allora la capacità del disco sarà di 4 × 16384 × 16 × 4096 byte, ovvero 4 GB.

    Il fattore di interleaving è il numero dei settori del disco rigido che si deve saltare per leggere consecutivamente tutti quelli della traccia. Ciò dipende strettamente dalle caratteristiche prestazionali del disco rigido stesso, cioè dalla velocità di rotazione del disco, dal movimento dei seeker con le relative testine e dalla velocità di lettura-scrittura della stessa testina.

    Tale processo è stato introdotto poiché inizialmente le CPU, che ricevevano e rielaboravano i dati letti, compivano queste azioni ad una velocità inferiore della velocità di lettura/scrittura sul disco rigido, quindi, una volta rielaborati i dati provenienti da un settore, la testina si troverebbe già oltre l'inizio del settore successivo. Alternando i settori in modo regolare e leggendoli secondo lo specifico interleaving factor, si velocizzava il disco rigido e il calcolatore. I moderni dischi rigidi non necessitano di interleaving.

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    Il settore è l'unità più piccola della formattazione di basso livello che riguarda la struttura fisica del disco rigido (formattazione fisica da non confondere con la formattazione logica che riguarda la creazione delle tabelle di allocazione dei file [FAT] necessarie al sistema operativo per gestire e navigare i dati presenti nelle cartelle del disco). Generalmente i settori sono raggruppati dal punto di vista logico in cluster per motivi di efficienza, quindi quando parliamo di cluster ci riferiamo a un gruppo di settori. Si ricordi che un file occupa sempre almeno un cluster. Per accedere a un settore bisogna specificare la superficie (platter), la traccia e il settore stesso. Il settore non è un semplice spazio sul disco memorizzabile, ma è dotato anch'esso di una struttura particolare che linearmente può essere sintetizzata così (la dimensione di un settore è variabile tra 32 byte e 4 KB, solitamente 512 byte):

    .

    L'IRG è InterRecordGap, cioè la parte smagnetizzata della traccia che serve a preannunciare l'inizio del settore (o la sua fine). La parte nominata "SYN,SYN" sono dei byte noti per il clock di lettura, cioè servono a sincronizzare un clock di lettura attuale, generato dal PLL e dal VCO combinati, con quello originale di scrittura. Al centro sta l'"HEADER", parte del settore dove sono memorizzate le informazioni necessarie alla localizzazione dello stesso settore su tutto il disco rigido, cioè dove in quel momento la testina sta leggendo-scrivendo. Sicuramente la parte di maggiore rilievo è quella "DATI", cioè dove i dati sono stati impacchettati attraverso record in modo che il rapporto tra dati "utili" e le informazioni sia alto: devono essere maggiori i dati allocati nel settore che le informazioni di allocamento del settore stesso. Altra importante parte della struttura di un settore è il "BCC", block check character. Tale parte del settore è il risultato di una funzione calcolata sul blocco "dati" e il suo scopo è di confermare la corretta lettura delle informazioni, cioè dei dati e di rendere evidente un eventuale errore di lettura.

    Di recente è stata introdotta la denominazione commerciale Advanced Format, tutti i costruttori applicano uno speciale logo inconfutabilmente discernibile su tutti i dischi fissi che hanno i settori più grandi di 512 bytes utilizzando questa denominazione comune. Ogni costruttore adotta una struttura peculiare per i singoli settori dei dischi AF che contiene, oltre a parti omologhe di quelle descritte, un vero e proprio CRC ed altri parametri costruttivi proprietari a seconda del modello e della destinazione d'uso dello specifico prodotto.

     

    Hai un problema con uno di questi dispositivi?

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    Alcune caratteristiche importanti:

    • Possibilità di avere un tecnico dedicato al proprio caso
    • Costante attività di ricerca e sviluppo
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    E’ possibile il totale recupero dati nei seguenti casi:

    • Danno logico (software): in cui il supporto venga ancora riconosciuto dal BIOS del sistema.
    • Danno fisico, sia elettrico che elettronico o meccanico (hardware): in cui il supporto venga o non venga più riconosciuto dal BIOS.

     

    Il procedimento del recupero dati in camera bianca si suddivide in due fasi: la fase di diagnosi e la procedura di recupero dati.

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  • Dischi Magnetici da...

    I dischi rigidi moderni hanno capacità e prestazioni enormemente superiori a quelle dei primi modelli, ma poiché nel frattempo la velocità e le prestazioni delle memorie ad accesso casuale (RAM e ROM) sono aumentate molto di più, la loro velocità nella lettura e scrittura dei dati restano comunque di diversi ordini di grandezza al di sotto delle prestazioni della RAM e della componentistica a stato solido che equipaggia un computer. Per questo motivo il disco rigido è spesso la causa principale del rallentamento di un computer (collo di bottiglia) soprattutto quando, a causa di una memoria RAM inferiore alla memoria virtuale richiesta dai programmi in esecuzione, il sistema operativo è costretto ad effettuare un gran numero di operazioni di swap tra il disco e la memoria centrale.

    Le caratteristiche prestazionali principali di un disco rigido sono:

    - la capacità di memorizzazione;

    - il tempo di accesso ai dati;

    - la velocità di trasferimento dei dati.

    La capacità di memorizzazione è in genere espressa in gigabyte (GB). I produttori usano i gigabyte decimali, invece delle approssimazioni per potenze di due usate per la memoria. Questo significa che la capacità di un disco rigido è in realtà un poco più piccola di quella di un modulo di memoria con la stessa capacità, e lo scarto aumenta all'aumentare delle dimensioni. Quando la capacità è espressa in GB, il fattore di correzione è di (1000/1024)3, pari a circa 0,93, per cui un disco rigido da 320 GB ha una capacità effettiva di circa 298 GiB. Attualmente (aprile 2017) i dischi rigidi si trovano in vendita con capacità fino a 10 TB. Alcune aziende accorpano più dischi in un unico box, si tratta di un espediente per poter offrire la massima capacità di archiviazione nel minimo spazio, ad es: Lacie Big Disk, Maxtor Shared Storage, ecc. La capacità può essere aumentata incrementando la densità con cui le informazioni vengono memorizzate sui piattelli che compongono il disco rigido o impiegandone un numero maggiore.

    Il tempo di accesso è la variabile più importante nel determinare le prestazioni di un disco rigido (conoscendo il modello facilmente si può risalire ai dati tecnici dell'unità compreso il tempo di accesso; molti produttori di computer non menzionano questo dato e a volte nemmeno la marca e il modello). Si tratta del tempo medio necessario perché un dato, residente in un punto casuale del disco, possa essere reperito. Il tempo impiegato dipende dalla velocità della testina a spostarsi sulla traccia dove risiede il dato e dalla velocità di rotazione del disco; maggiore è la velocità e più breve è il tempo impiegato dal dato a ripassare sotto la testina nel caso questa non fosse arrivata in tempo sul dato, durante la rotazione precedente (latenza rotazionale). I produttori cercano perciò di realizzare testine sempre più leggere (che possono spostarsi più in fretta perché dotate di minore inerzia) e dischi che girano più velocemente. Il tempo di accesso tipico per un disco rigido da 7200 rpm è di circa 9 millisecondi (ms), per uno da 15.000 rpm è inferiore a 4 ms.

    La velocità di trasferimento è la quantità di dati fornita dal disco rigido in un determinato tempo (in genere si prende 1 secondo come riferimento). Usare dischi che ruotino più velocemente o incrementare la densità di memorizzazione porta ad un miglioramento diretto della velocità di trasferimento. Va ricordato che la velocità di trasferimento cala in modo proporzionale al numero di discontinuità nei settori che compongono il file ricercato (vedi frammentazione).

    Oltre alle tre viste sopra, altre caratteristiche influenzano in misura minore le prestazioni di un disco rigido. Tra queste:

    - il buffer di memoria;

    - la velocità dell'interfaccia.

    Il buffer è una piccola memoria cache (in genere di alcuni megabyte) posta a bordo del disco rigido, che ha il compito di memorizzare gli ultimi dati letti o scritti dal disco. Nel caso in cui un programma legga ripetutamente le stesse informazioni, queste possono essere reperite nel buffer invece che sul disco. Essendo il buffer un componente elettronico e non meccanico, la velocità di trasferimento è molto maggiore, nel tempo, la capacità di questa memoria è andata sempre aumentando, attualmente (aprile 2017) 64 MB o anche 128 MB sono una dimensione abbastanza usuale, fino ad arrivare a 256 MB nei modelli di punta.

    L'interfaccia di collegamento tra il disco rigido e la scheda madre (o, più specificatamente, il controller) può influenzare le prestazioni perché specifica la velocità massima alla quale le informazioni possono essere trasferite da o per il disco. Le moderne interfacce tipo ATA133, Serial ATA o SCSI possono trasferire centinaia di megabyte per secondo, molto più di quanto qualunque singolo disco fisso possa fare, e quindi l'interfaccia non è in genere un fattore limitante. Il discorso può cambiare nell'utilizzo di più dischi in configurazione RAID, nel qual caso è importante utilizzare l'interfaccia più veloce possibile, come per esempio la Fibre Channel da 2 Gb/s.

    Il tempo di accesso al disco, inoltre, è influenzato da cinque fattori:

    Controller Overhead (overhead del controllore): è il tempo necessario alla gestione dei dati e l'invio dell'opportuno interrupt; è il tempo in assoluto minore;

    Seek time (tempo di ricerca): è il tempo necessario a spostare la testina sulla traccia; è il fattore più critico poiché si tratta di un movimento meccanico e non di un impulso elettrico; questo fa sì che non si possa scendere al di sotto di qualche decina di millisecondo;

    Assessment time (tempo di assestamento): è il tempo necessario all'assestamento della testina sulla traccia dopo lo spostamento; spesso viene inglobato nel Seek time;

    Latency time (tempo di latenza): (anche rotational latency) è il tempo necessario perché, a causa della rotazione del disco, l'inizio del settore desiderato arrivi a trovarsi sotto la testina; ovviamente dipende dalla velocità dello spindle; per esempio con una velocità (tipica) di 5400 rpm, il tempo di latenza massimo è di circa 11 millisecondi;

    Rotational time (tempo di rotazione): è il tempo necessario al settore per passare sotto la testina, tempo durante il quale il settore viene letto o scritto.

    Tempo di accesso: Controller Overhead + Seek Time + Latency + Rotational Time

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    Ad esempio un hard disk 3.5″ può immagazzinare oltre i 12 TB (terabyte) di dati, avere più di 128 MB di cache e andare da 7200 ad addirittura 10000 giri al minuto. Il problema però è che consuma tipicamente circa 5W che va bene per un pc fisso ma è decisamente troppo per computer portatili a batteria.

    Un grosso hard disk 2.5″ arriva anche a 4 TB e 16 o 32 MB di cache. Il numero di giri al minuto è tipicamente 5400 ma può comunque arrivare a 7200 e il loro consumo è più basso, fino a 2.5 W in alcuni modelli.

    Più la tecnologia va avanti più questi dati  cambiano ma la cosa che rimane immutata è la differenza costante tra le performance di hard disk 2.5″ e 3.5″ della stessa fascia di prezzo. Un hard disk 2.5″ ad alte prestazioni costa molto di più di uno ad alte prestazioni da 3.5″ anche se le sue performance sono equiparabili solo ad uno da 3.5″ di fascia più bassa.

    Un vantaggio degli hard disk 2.5″ è però la resistenza alle vibrazioni rispetto a quelli da 3.5. Alcuni hard disk 2.5″ hanno ad esempio accelerometri interni che rilevano quando stanno per cadere, mettendo al sicuro la testina del disco per ridurre al massimo i danni. Questa caratteristica è rara per gli hard disk da 3.5″ che di solito sono destinati ai computer fissi che nascono per non essere mossi quando lavorano.

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    Il disco rigido è costituito fondamentalmente da uno o più piatti in rapida rotazione, realizzati in alluminio o vetro, rivestiti di materiale ferromagnetico e da due testine per ogni piatto (una per lato), le quali, durante il funzionamento "volano" alla distanza di poche decine di nanometri dalla superficie del disco leggendo o scrivendo i dati. La testina è tenuta sollevata dall'aria mossa dalla rotazione stessa dei dischi la cui frequenza o velocità di rotazione può superare i 15.000 giri al minuto; attualmente i valori standard di rotazione sono 4.200, 5.400, 5.980, 7.200, 10.000 e 15.000 giri al minuto.

    La memorizzazione o scrittura dell'informazione o dati sulla superficie del supporto ferromagnetico consiste sostanzialmente nel trasferimento di un determinato verso alla magnetizzazione di un certo numero di domini di Weiss. Ad un certo stato (verso) di magnetizzazione è associato un bit di informazione (1 o 0). Il numero di domini di Weiss che costituiscono un singolo bit, moltiplicato per la loro estensione superficiale media, rapportato alla superficie di archiviazione disponibile, fornisce la densità d'informazione (bit al pollice quadro). Quindi stipare una maggiore quantità di dati sullo stesso disco richiede la riduzione del numero di domini che concorrono alla definizione di un singolo bit e/o la riduzione dell'area di un singolo dominio magnetico.

    L'evoluzione continua della tecnologia dei dischi rigidi ci ha portati ormai vicino al limite fisico inferiore tollerabile: quando infatti il numero di domini che definiscono un singolo bit si è avvicinato all'unità e la loro area è dell'ordine di pochi nanometri quadri, l'energia termica del sistema è diventata ormai paragonabile all'energia magnetica ed è sufficiente un tempo brevissimo a far invertire il verso della magnetizzazione del dominio e perdere in questo modo l'informazione contenuta.

    La lettura/scrittura dell'informazione magnetica in passato veniva affidata a testine induttive, avvolgimenti di rame miniaturizzati in grado di rilevare, in fase di lettura e secondo il principio di induzione magnetica, la variazione del flusso del campo magnetico statico al transitare della testina tra un bit ed il successivo di una traccia contenente i bit, oppure in maniera duale imprimere una magnetizzazione sul disco in fase di scrittura.

    L'evoluzione che la spintronica ha portato nelle case di tutti sono state le testine magnetoresistive, basate su un dispositivo, la spin-valve, in grado di variare resistenza al mutare dell'intensità del campo magnetico. Il vantaggio dato da queste testine risiede nella loro sensibilità, migliore rispetto alle vecchie testine induttive, e nella loro dimensione ridottissima, cosa che consente di seguire il passo delle evoluzioni verso il nanometro per quanto riguarda l'area di un singolo bit. Infine, il prossimo futuro vedrà protagoniste della scena le testine di lettura basate sulle magnetic tunneling junction, MTJ.

    miglior-hard-disk-esterno.jpg

    Tipicamente per la memorizzazione di dati digitali il disco rigido necessita dell'operazione preliminare di formattazione logica con scelta del particolare sistema logico di archiviazione dei dati da utilizzare noto come file system, tramite il quale il sistema operativo è in grado di scrivere e recuperare i dati.

    800px-Hard_disk_head.jpg

    I dati, a livello fisico, sono generalmente memorizzati su disco seguendo uno schema di allocazione fisica ben definito in base al quale si può raggiungere la zona dove leggere/scrivere i dati sul disco. Uno dei più diffusi è il cosiddetto CHS, sigla del termine inglese Cylinder/Head/Sector (Cilindro/Testina/Settore); in questa struttura i dati sono memorizzati avendo come indirizzo fisico un numero per ciascuna delle seguenti entità fisiche:

    Piatto: un disco rigido si compone di uno o più dischi paralleli, detti "piatti", e ciascun lato dei piatti è identificato da un numero univoco; per ogni piatto sono presenti due testine, una per ognuno dei due lati.

    Testina: su ogni piatto è presente una testina per ogni lato dello stesso, per accedere in scrittura o in lettura ai dati memorizzati; la posizione di tale testina è solidale con tutte le altre sugli altri piatti. In altre parole, se una testina è posizionata sopra una traccia, tutte le testine saranno posizionate nel cilindro a cui la traccia appartiene.

    Traccia (A): ogni piatto si compone di numerosi anelli concentrici numerati, detti tracce, ciascuna identificata da un numero univoco.

    Settore geometrico (B): ogni piatto è suddiviso in "spicchi" radiali uguali ciascuno, identificato da un numero univoco.

    Cluster (D): insieme di settori di tracce contigui.

    Cilindro: l'insieme di tracce alla stessa distanza dal centro presenti su tutti i dischi o piatti è detto cilindro. Corrisponde a tutte le tracce aventi il medesimo numero, ma diverso piatto.

    Blocco: L'insieme di settori posti nella stessa posizione in tutti i piatti.

    Questa struttura introduce una geometria fisica del disco che consta in una serie di "coordinate" CHS, esprimibili indicando cilindro, testina, settore. In questo modo è possibile indirizzare univocamente ciascun blocco di dati presente sul disco. Ad esempio, se un disco rigido si compone di 2 dischi (o equivalentemente 4 piatti), 16384 cilindri (o equivalentemente 16.384 tracce per piatto) e 16 settori, e ciascun settore di una traccia ha una capacità di 4096 byte, allora la capacità del disco sarà di 4 × 16384 × 16 × 4096 byte, ovvero 4 GB.

    Il fattore di interleaving è il numero dei settori del disco rigido che si deve saltare per leggere consecutivamente tutti quelli della traccia. Ciò dipende strettamente dalle caratteristiche prestazionali del disco rigido stesso, cioè dalla velocità di rotazione del disco, dal movimento dei seeker con le relative testine e dalla velocità di lettura-scrittura della stessa testina.

    Tale processo è stato introdotto poiché inizialmente le CPU, che ricevevano e rielaboravano i dati letti, compivano queste azioni ad una velocità inferiore della velocità di lettura/scrittura sul disco rigido, quindi, una volta rielaborati i dati provenienti da un settore, la testina si troverebbe già oltre l'inizio del settore successivo. Alternando i settori in modo regolare e leggendoli secondo lo specifico interleaving factor, si velocizzava il disco rigido e il calcolatore. I moderni dischi rigidi non necessitano di interleaving.

    800px-Disk-structure.svg.png

    Il settore è l'unità più piccola della formattazione di basso livello che riguarda la struttura fisica del disco rigido (formattazione fisica da non confondere con la formattazione logica che riguarda la creazione delle tabelle di allocazione dei file [FAT] necessarie al sistema operativo per gestire e navigare i dati presenti nelle cartelle del disco). Generalmente i settori sono raggruppati dal punto di vista logico in cluster per motivi di efficienza, quindi quando parliamo di cluster ci riferiamo a un gruppo di settori. Si ricordi che un file occupa sempre almeno un cluster. Per accedere a un settore bisogna specificare la superficie (platter), la traccia e il settore stesso. Il settore non è un semplice spazio sul disco memorizzabile, ma è dotato anch'esso di una struttura particolare che linearmente può essere sintetizzata così (la dimensione di un settore è variabile tra 32 byte e 4 KB, solitamente 512 byte):

    .

    L'IRG è InterRecordGap, cioè la parte smagnetizzata della traccia che serve a preannunciare l'inizio del settore (o la sua fine). La parte nominata "SYN,SYN" sono dei byte noti per il clock di lettura, cioè servono a sincronizzare un clock di lettura attuale, generato dal PLL e dal VCO combinati, con quello originale di scrittura. Al centro sta l'"HEADER", parte del settore dove sono memorizzate le informazioni necessarie alla localizzazione dello stesso settore su tutto il disco rigido, cioè dove in quel momento la testina sta leggendo-scrivendo. Sicuramente la parte di maggiore rilievo è quella "DATI", cioè dove i dati sono stati impacchettati attraverso record in modo che il rapporto tra dati "utili" e le informazioni sia alto: devono essere maggiori i dati allocati nel settore che le informazioni di allocamento del settore stesso. Altra importante parte della struttura di un settore è il "BCC", block check character. Tale parte del settore è il risultato di una funzione calcolata sul blocco "dati" e il suo scopo è di confermare la corretta lettura delle informazioni, cioè dei dati e di rendere evidente un eventuale errore di lettura.

    Di recente è stata introdotta la denominazione commerciale Advanced Format, tutti i costruttori applicano uno speciale logo inconfutabilmente discernibile su tutti i dischi fissi che hanno i settori più grandi di 512 bytes utilizzando questa denominazione comune. Ogni costruttore adotta una struttura peculiare per i singoli settori dei dischi AF che contiene, oltre a parti omologhe di quelle descritte, un vero e proprio CRC ed altri parametri costruttivi proprietari a seconda del modello e della destinazione d'uso dello specifico prodotto.

     

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    MrDisk è un Laboratorio Specializzato nel Data Recovery dotato di tutta la strumentazione necessaria per consentire il ripristino dei dati persi da qualsiasi tipologia di caso ci venga presentato.

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    Nei nostri laboratori operano solamente tecnici specializzati e con anni di esperienza nel campo del recupero dati professionale, al fine di offrire ai nostri clienti il miglior servizio possibile.

     

    Alcune caratteristiche importanti:

    • Possibilità di avere un tecnico dedicato al proprio caso
    • Costante attività di ricerca e sviluppo
    • Tecnici specializzati su singoli supporti o brand
    • Possibilità di interventi anche estremi in camera bianca
    • Possibilità di stato avanzamento in tempo reale

     

    E’ possibile il totale recupero dati nei seguenti casi:

    • Danno logico (software): in cui il supporto venga ancora riconosciuto dal BIOS del sistema.
    • Danno fisico, sia elettrico che elettronico o meccanico (hardware): in cui il supporto venga o non venga più riconosciuto dal BIOS.

     

    Il procedimento del recupero dati in camera bianca si suddivide in due fasi: la fase di diagnosi e la procedura di recupero dati.

    Il cliente viene costantemente informato sullo stato del recupero dati.

     

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  • Dischi esterni USB

    Il disco rigido esterno o hard disk esterno è una periferica di input/output di un computer o dispositivo di memorizzazione che serve per l'archiviazione di qualunque tipo di file.

    È composto generalmente da un normale disco rigido, inserito in un apposito case dotato di porte di connessione verso un personal computer. Sono state utilizzate varie tecnologie di connessione come ad esempio USB, FireWire, SCSI, eSATA.

    Le unità disco fisso esterne sono solitamente disponibili come prodotti integrati preassemblati, ma possono anche essere assemblate combinando un involucro esterno (con USB o altra interfaccia) con un'unità acquistata separatamente. Sono disponibili nelle dimensioni da 2,5 pollici e 3,5 pollici; Le varianti da 2,5 pollici sono in genere chiamate unità esterne portatili, mentre le varianti da 3,5 pollici sono indicate come unità esterne desktop. Le unità "portatili" sono confezionate in contenitori più piccoli e leggeri rispetto alle unità "desktop"; inoltre, le unità "portatili" utilizzano l'alimentazione fornita dalla connessione USB, mentre le unità "desktop" richiedono i blocchi di alimentazione esterni.

    Funzioni come la sicurezza biometrica o interfacce multiple (ad esempio Firewire) sono disponibili a un costo maggiore.

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    Il disco rigido esterno può essere adottato per diversi motivi:

    - soddisfare le esigenze di mobilità di alcuni utenti, che devono disporre dei dati su una molteplicità di computer;

    - fare copie di salvataggio dei programmi o file presenti sul computer;

    - archiviare periodicamente i file meno utilizzati, per liberare spazio di memoria sul disco rigido del computer e/o per evitare rallentamenti all'avvio del sistema operativo e dei programmi;

    - esigenze di sicurezza: per avere una protezione a livello hardware dei dati, salvati su una periferica che opportunamente può essere scollegata da connessioni di rete.

    - archiviare dati in generale.

    I dischi rigidi multimediali sono dischi rigidi esterni che permettono un collegamento a riproduttori audio e video, quali televisori, radio, lettori MP3.

    Questi dischi rigidi hanno un cavo USB in ingresso per interfacciarsi con il computer, prese audio e presa SCART in uscita per il riproduttore collegato. Sono gestiti tramite un telecomando per la scelta dei file, regolare il volume, colore, e le altre opzioni di riproduzione.

    Ogni disco rigido esterno multimediale può essere programmato come registratore di audio e video in alta qualità, nel formato che si desidera, dalla periferica cui è collegato, tramite presa Scart, normale cavo d'antenna, presa USB.

    Se il televisore oppure il decoder per il digitale terrestre, o altro ricevitore collegato, dispongono di una porta USB, è possibile sostituire l'hard disk multimediale con un più economico hard disk esterno. La porta USB ha un flusso di informazioni che è bidirezionale: può essere usata per leggere contenuti dall'hard disk nel televisore, oppure per registrare dalla TV o dal ricevitore nell'hard disk.

    Hard-disk-esterno-e-hard-disk-interno-differenze-confronto.jpg

    Il disco rigido è costituito fondamentalmente da uno o più piatti in rapida rotazione, realizzati in alluminio o vetro, rivestiti di materiale ferromagnetico e da due testine per ogni piatto (una per lato), le quali, durante il funzionamento "volano" alla distanza di poche decine di nanometri dalla superficie del disco leggendo o scrivendo i dati. La testina è tenuta sollevata dall'aria mossa dalla rotazione stessa dei dischi la cui frequenza o velocità di rotazione può superare i 15.000 giri al minuto; attualmente i valori standard di rotazione sono 4.200, 5.400, 5.980, 7.200, 10.000 e 15.000 giri al minuto.

    La memorizzazione o scrittura dell'informazione o dati sulla superficie del supporto ferromagnetico consiste sostanzialmente nel trasferimento di un determinato verso alla magnetizzazione di un certo numero di domini di Weiss. Ad un certo stato (verso) di magnetizzazione è associato un bit di informazione (1 o 0). Il numero di domini di Weiss che costituiscono un singolo bit, moltiplicato per la loro estensione superficiale media, rapportato alla superficie di archiviazione disponibile, fornisce la densità d'informazione (bit al pollice quadro). Quindi stipare una maggiore quantità di dati sullo stesso disco richiede la riduzione del numero di domini che concorrono alla definizione di un singolo bit e/o la riduzione dell'area di un singolo dominio magnetico.

    L'evoluzione continua della tecnologia dei dischi rigidi ci ha portati ormai vicino al limite fisico inferiore tollerabile: quando infatti il numero di domini che definiscono un singolo bit si è avvicinato all'unità e la loro area è dell'ordine di pochi nanometri quadri, l'energia termica del sistema è diventata ormai paragonabile all'energia magnetica ed è sufficiente un tempo brevissimo a far invertire il verso della magnetizzazione del dominio e perdere in questo modo l'informazione contenuta.

    La lettura/scrittura dell'informazione magnetica in passato veniva affidata a testine induttive, avvolgimenti di rame miniaturizzati in grado di rilevare, in fase di lettura e secondo il principio di induzione magnetica, la variazione del flusso del campo magnetico statico al transitare della testina tra un bit ed il successivo di una traccia contenente i bit, oppure in maniera duale imprimere una magnetizzazione sul disco in fase di scrittura.

    L'evoluzione che la spintronica ha portato nelle case di tutti sono state le testine magnetoresistive, basate su un dispositivo, la spin-valve, in grado di variare resistenza al mutare dell'intensità del campo magnetico. Il vantaggio dato da queste testine risiede nella loro sensibilità, migliore rispetto alle vecchie testine induttive, e nella loro dimensione ridottissima, cosa che consente di seguire il passo delle evoluzioni verso il nanometro per quanto riguarda l'area di un singolo bit. Infine, il prossimo futuro vedrà protagoniste della scena le testine di lettura basate sulle magnetic tunneling junction, MTJ.

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    Tipicamente per la memorizzazione di dati digitali il disco rigido necessita dell'operazione preliminare di formattazione logica con scelta del particolare sistema logico di archiviazione dei dati da utilizzare noto come file system, tramite il quale il sistema operativo è in grado di scrivere e recuperare i dati.

    800px-Hard_disk_head.jpg

    I dati, a livello fisico, sono generalmente memorizzati su disco seguendo uno schema di allocazione fisica ben definito in base al quale si può raggiungere la zona dove leggere/scrivere i dati sul disco. Uno dei più diffusi è il cosiddetto CHS, sigla del termine inglese Cylinder/Head/Sector (Cilindro/Testina/Settore); in questa struttura i dati sono memorizzati avendo come indirizzo fisico un numero per ciascuna delle seguenti entità fisiche:

    Piatto: un disco rigido si compone di uno o più dischi paralleli, detti "piatti", e ciascun lato dei piatti è identificato da un numero univoco; per ogni piatto sono presenti due testine, una per ognuno dei due lati.

    Testina: su ogni piatto è presente una testina per ogni lato dello stesso, per accedere in scrittura o in lettura ai dati memorizzati; la posizione di tale testina è solidale con tutte le altre sugli altri piatti. In altre parole, se una testina è posizionata sopra una traccia, tutte le testine saranno posizionate nel cilindro a cui la traccia appartiene.

    Traccia (A): ogni piatto si compone di numerosi anelli concentrici numerati, detti tracce, ciascuna identificata da un numero univoco.

    Settore geometrico (B): ogni piatto è suddiviso in "spicchi" radiali uguali ciascuno, identificato da un numero univoco.

    Cluster (D): insieme di settori di tracce contigui.

    Cilindro: l'insieme di tracce alla stessa distanza dal centro presenti su tutti i dischi o piatti è detto cilindro. Corrisponde a tutte le tracce aventi il medesimo numero, ma diverso piatto.

    Blocco: L'insieme di settori posti nella stessa posizione in tutti i piatti.

    Questa struttura introduce una geometria fisica del disco che consta in una serie di "coordinate" CHS, esprimibili indicando cilindro, testina, settore. In questo modo è possibile indirizzare univocamente ciascun blocco di dati presente sul disco. Ad esempio, se un disco rigido si compone di 2 dischi (o equivalentemente 4 piatti), 16384 cilindri (o equivalentemente 16.384 tracce per piatto) e 16 settori, e ciascun settore di una traccia ha una capacità di 4096 byte, allora la capacità del disco sarà di 4 × 16384 × 16 × 4096 byte, ovvero 4 GB.

    Il fattore di interleaving è il numero dei settori del disco rigido che si deve saltare per leggere consecutivamente tutti quelli della traccia. Ciò dipende strettamente dalle caratteristiche prestazionali del disco rigido stesso, cioè dalla velocità di rotazione del disco, dal movimento dei seeker con le relative testine e dalla velocità di lettura-scrittura della stessa testina.

    Tale processo è stato introdotto poiché inizialmente le CPU, che ricevevano e rielaboravano i dati letti, compivano queste azioni ad una velocità inferiore della velocità di lettura/scrittura sul disco rigido, quindi, una volta rielaborati i dati provenienti da un settore, la testina si troverebbe già oltre l'inizio del settore successivo. Alternando i settori in modo regolare e leggendoli secondo lo specifico interleaving factor, si velocizzava il disco rigido e il calcolatore. I moderni dischi rigidi non necessitano di interleaving.

    800px-Disk-structure.svg.png

    Il settore è l'unità più piccola della formattazione di basso livello che riguarda la struttura fisica del disco rigido (formattazione fisica da non confondere con la formattazione logica che riguarda la creazione delle tabelle di allocazione dei file [FAT] necessarie al sistema operativo per gestire e navigare i dati presenti nelle cartelle del disco). Generalmente i settori sono raggruppati dal punto di vista logico in cluster per motivi di efficienza, quindi quando parliamo di cluster ci riferiamo a un gruppo di settori. Si ricordi che un file occupa sempre almeno un cluster. Per accedere a un settore bisogna specificare la superficie (platter), la traccia e il settore stesso. Il settore non è un semplice spazio sul disco memorizzabile, ma è dotato anch'esso di una struttura particolare che linearmente può essere sintetizzata così (la dimensione di un settore è variabile tra 32 byte e 4 KB, solitamente 512 byte):

    .

    L'IRG è InterRecordGap, cioè la parte smagnetizzata della traccia che serve a preannunciare l'inizio del settore (o la sua fine). La parte nominata "SYN,SYN" sono dei byte noti per il clock di lettura, cioè servono a sincronizzare un clock di lettura attuale, generato dal PLL e dal VCO combinati, con quello originale di scrittura. Al centro sta l'"HEADER", parte del settore dove sono memorizzate le informazioni necessarie alla localizzazione dello stesso settore su tutto il disco rigido, cioè dove in quel momento la testina sta leggendo-scrivendo. Sicuramente la parte di maggiore rilievo è quella "DATI", cioè dove i dati sono stati impacchettati attraverso record in modo che il rapporto tra dati "utili" e le informazioni sia alto: devono essere maggiori i dati allocati nel settore che le informazioni di allocamento del settore stesso. Altra importante parte della struttura di un settore è il "BCC", block check character. Tale parte del settore è il risultato di una funzione calcolata sul blocco "dati" e il suo scopo è di confermare la corretta lettura delle informazioni, cioè dei dati e di rendere evidente un eventuale errore di lettura.

    Di recente è stata introdotta la denominazione commerciale Advanced Format, tutti i costruttori applicano uno speciale logo inconfutabilmente discernibile su tutti i dischi fissi che hanno i settori più grandi di 512 bytes utilizzando questa denominazione comune. Ogni costruttore adotta una struttura peculiare per i singoli settori dei dischi AF che contiene, oltre a parti omologhe di quelle descritte, un vero e proprio CRC ed altri parametri costruttivi proprietari a seconda del modello e della destinazione d'uso dello specifico prodotto.

     

    Hai un problema con uno di questi dispositivi?

    MrDisk è un Laboratorio Specializzato nel Data Recovery dotato di tutta la strumentazione necessaria per consentire il ripristino dei dati persi da qualsiasi tipologia di caso ci venga presentato.

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    Nei nostri laboratori operano solamente tecnici specializzati e con anni di esperienza nel campo del recupero dati professionale, al fine di offrire ai nostri clienti il miglior servizio possibile.

     

    Alcune caratteristiche importanti:

    • Possibilità di avere un tecnico dedicato al proprio caso
    • Costante attività di ricerca e sviluppo
    • Tecnici specializzati su singoli supporti o brand
    • Possibilità di interventi anche estremi in camera bianca
    • Possibilità di stato avanzamento in tempo reale

     

    E’ possibile il totale recupero dati nei seguenti casi:

    • Danno logico (software): in cui il supporto venga ancora riconosciuto dal BIOS del sistema.
    • Danno fisico, sia elettrico che elettronico o meccanico (hardware): in cui il supporto venga o non venga più riconosciuto dal BIOS.

     

    Il procedimento del recupero dati in camera bianca si suddivide in due fasi: la fase di diagnosi e la procedura di recupero dati.

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  • Dischi Stato Solido (SSD)

    Una unità di memoria a stato solido (in acronimo SSD dal corrispondente termine inglese solid-state drive; talvolta erroneamente confuso con solid-state disk, da cui l'impropria traduzione disco a stato solido), in elettronica e informatica, è un dispositivo di memoria di massa basato su semiconduttore, che utilizza memoria allo stato solido (solid-state storage), in particolare memoria flash, per l'archiviazione dei dati.

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    A differenza dei supporti di tipo magnetico come nel caso del disco rigido a testina, una unità di memoria a stato solido ha la possibilità di memorizzare in maniera non volatile grandi quantità di dati, senza l'utilizzo di organi meccanici (piatti, testine, motori ecc.) come fanno invece gli hard disk tradizionali. La maggior parte delle unità a stato solido utilizza la tecnologia delle memorie flash NAND, che permette una distribuzione uniforme dei dati e di "usura" dell'unità.

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    Le unità allo stato solido si basano su memoria flash solitamente di tipo NAND per l'immagazzinamento dei dati, ovvero sfruttano l'effetto tunnel per modificare lo stato elettronico di celle di transistor; per questo esse non richiedono parti meccaniche in movimento (dischi, motori e testine), né componenti magnetici, il che comporta notevoli vantaggi alla riduzione dei consumi elettrici e dell'usura.

    La memoria degli SSD è solitamente di tipo NAND 2D (a singolo strato) o 3D (multistrato o V-NAND), una tecnologia che può differenziarsi in Single Level Cell (SLC), Multi Level Cell (MLC), Triple Level Cell (TLC) e Quad Level Cell (QLC) a seconda del numero di bit per cella e di conseguenza dei livelli di tensione che può assumere; tali memorie vanno incontro a usura e a perdere precisione del livello di tensione, generando un maggior carico dell'algoritmo error-correcting code (ECC).

    Altra caratteristica delle memorie flash risiede nelle ridotte dimensioni fisiche che consentono la realizzazione di unità SSD estremamente compatte e leggere, quindi facilmente integrabili anche all'interno dei dispositivi mobili ultrasottili.

    Oltre alla memoria in sé, un'unità SSD dispone di diversi componenti necessari alla gestione del suo funzionamento.

    800px-USB_flash_drive.JPG

    Un SSD è costituito da un controller, una memoria cache, un supercondensatore, un'interfaccia.

    Il controller è costituito da un microprocessore che si occupa di coordinare tutte le operazioni della memoria di massa. Il software che governa questo componente è un firmware preinstallato dal produttore. Oltre alle operazioni di lettura/scrittura si occupa della gestione di:

    Error-correcting code: controllo e correzione degli errori in fase di lettura/scrittura

    Wear leveling: distribuzione della scrittura in maniera uniforme su tutto il drive

    Bad block: rilevamento e riallocazione trasparente con blocchi di riserva dei settori danneggiati

    Memoria cache: interna al dispositivo

    Garbage collection: rilevamento e riduzione automatica della frammentazione dell'organizzazione interna del disco

    Crittografia dei dati: per la protezione dei dati memorizzati.

    LBA (logical block address) scrambler: tecnica sperimentale che sfrutta le pagine dati frammentate per ridurre il numero di scritture e cancellazioni.

    La memoria Cache è una memoria, a seconda del livello a cui appartiene, solitamente nell'ordine di qualche MB a seconda del tipo di sistema e generalmente proporzionale alla capienza dell'SSD, utilizzata dal processore per immagazzinare temporaneamente informazioni che verranno richieste in seguito dal sistema. Essa viene quindi riempita e svuotata molte volte. Questa cache può essere di vario tipo:

    Tramite memorie DRAM, esattamente come nei dischi meccanici (HD) la cache è una memoria molto rapida e volatile

    Tramite memoria ROM, tecnica utilizzata su alcuni SSD di tipo economico, caratterizzata da celle NAND SLC

    Misto o dual-cache, uso di entrambi i sistemi (DRAM+ROM), si tratta di cache a due livelli, che permette un sistema di gestione cache estremamente versatile ed elaborato.

    Una novità introdotta dalle memorie a stato solido è la possibilità di terminare le operazioni di scrittura anche in caso di mancanza di tensione. Questo avviene grazie alla presenza di un supercondensatore o, più raramente, di una batteria di backup, che garantisce energia sufficiente per concludere l'operazione in corso. Questa tecnica permette di garantire una maggiore integrità dei dati ed evitare che il file system risulti corrotto.

    La connessione può avvenire con cavi di tipo SATA, sia per quanto riguarda la connessione dati che per l'alimentazione. In definitiva è possibile collegare un SSD utilizzando una normale interfaccia SATA2 (3Gb/s) o SATA3 (6Gb/s). Vi sono inoltre SSD che utilizzano l'interfaccia PCI Express; quest'ultima può arrivare fino a una velocità di trasferimento di 21Gb/s.

    install-m2-ssd-in-desktop.png

    Quali sono i vantaggi dell'utilizzo di un SSD?

    - La totale assenza di parti meccaniche in movimento porta diversi vantaggi, di cui i principali sono:

    - Rumorosità assente, non essendo presente alcun componente (motore e disco magnetico) di rotazione, al contrario degli HDD tradizionali;

    - Minore possibilità di guasto: le unità a stato solido hanno mediamente un tasso di guasto inferiore a quelli dei dischi rigidi. Questo tasso oscilla tra lo 0,5% e il 3%, mentre nei dischi rigidi può raggiungere il 10% (l'MTBF), solitamente di un SSD di ultima generazione raggiunge 2 000 000 ore).;

    - Minori consumi elettrici durante le operazioni di lettura e scrittura;

    - Tempi di accesso e archiviazione ridotti: si lavora nell'ordine dei decimi di millisecondo[13]; il tempo di accesso dei dischi magnetici è oltre 50 volte maggiore, attestandosi invece tra i 5 e i 10 millisecondi;

    - Maggior velocità di trasferimento dati;

    - Maggiore resistenza agli urti: le specifiche di alcuni produttori arrivano a dichiarare resistenza a urti di 1500 g;

    - Minore produzione di calore;

    Gli SSD SATA hanno la stessa identica forma, dimensione ed interfaccia di collegamento dei dischi rigidi SATA da 2,5" e sono pertanto interscambiabili con essi senza installare componenti hardware o software specifici (alcuni settaggi dell'UEFI potrebbero rendersi necessari per sfruttarne appieno la velocità di trasferimento dati).

    hx-video-ssd-notebook-m2_tn-lg.jpg

    A fronte di una maggiore resistenza agli urti e a un minor consumo, le unità a stato solido hanno due svantaggi principali:

    - Maggiore prezzo, ovvero una minore capacità di immagazzinamento a parità di costo rispetto ai dischi rigidi.

    - Peggiore permanenza dei dati quando non alimentati e in modo differente a seconda della temperatura d'esposizione.

    Questi problemi sembrano però destinati a risolversi in futuro. Le nuove tecnologie stanno portando memorie flash in grado di garantire durata pari o superiore a quella di un disco rigido tradizionale e attualmente i produttori dichiarano 140 anni di vita con 50 GB di riscritture al giorno su un'unità da 250 GB[14]. Il tutto grazie all'introduzione di particolari tecniche, come quella dell'uso di nanotubi di carbonio.

    È in corso una progressiva sostituzione dei dischi tradizionali con unità allo stato solido.

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    Un elemento che viene immediatamente alla luce analizzando le prestazioni di un dispositivo SSD è la minor velocità in scrittura rispetto a quella in lettura e la sua forte variabilità in dipendenza della dimensione dei file che si vogliono scrivere. Ciò dipende dal fatto che mentre i File system dei Sistemi Operativi solitamente usano blocchi di celle dalla dimensione di 4 KiB, nei dispositivi SSD la dimensione dei blocchi è molto superiore (per esempio 4 MiB).

    Questo comporta che per scrivere una cella dobbiamo leggere prima l'intero blocco, quindi scrivere sopra la cella desiderata lasciando le altre inalterate e infine salvarlo. Ne deriva che se dobbiamo scrivere più celle (file più grandi) le prestazioni migliorano, perché a fronte della lettura e poi del salvataggio di un blocco, possiamo scriverci dentro contemporaneamente tante celle quanto sono quelle libere disponibili. Un modo per migliorare le prestazioni è quello di conoscere i blocchi liberi (con nessuna cella utilizzata); per ottenere ciò i sistemi operativi di ultima generazione mettono a disposizione il comando TRIM, che comunica al controller dell'SSD quali blocchi sono inutilizzati e cancellano le celle direttamente in fase di cancellazione dei file, migliorando dunque le prestazioni.

    La frammentazione di un disco SSD non influisce sulle sue prestazioni, poiché il tempo d'accesso a qualunque cella è identico; i moderni sistemi operativi pertanto disattivano la deframmentazione del disco (in tutti i sistemi operativi Microsoft Windows, occorre però disattivare la schedulazione, altrimenti la deframmentazione sarà comunque pianificata), in quanto risulta non solo inutile, ma addirittura dannosa poiché influisce negativamente sulla vita del disco stesso. Infatti proprio per aumentare la durata del supporto si cerca di ridurre il sovraccarico sempre su una cella riscrivendola di continuo, grazie all'ausilio di un controllore che distribuisce i dati in fase di scrittura cercando di sfruttare tutto il disco ed evitando di lasciare parti inutilizzate. Al contrario la deframmentazione non farebbe altro che aumentare il numero di cicli scrittura di dati accorciando la vita del disco stesso.

     

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    • Possibilità di interventi anche estremi in camera bianca
    • Possibilità di stato avanzamento in tempo reale

     

    E’ possibile il totale recupero dati nei seguenti casi:

    • Danno logico (software): in cui il supporto venga ancora riconosciuto dal BIOS del sistema.
    • Danno fisico, sia elettrico che elettronico o meccanico (hardware): in cui il supporto venga o non venga più riconosciuto dal BIOS.

     

    Il procedimento del recupero dati in camera bianca si suddivide in due fasi: la fase di diagnosi e la procedura di recupero dati.

    Il cliente viene costantemente informato sullo stato del recupero dati.

     

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